Zapping duepuntozero è condotta con garbo e competenza da Giancarlo Loquenzi per chi la sera abbia voglia e tempo di sentire qualche approfondimento sui fatti del giorno.
Stasera Loquenzi mi ha chiesto un commento sul rischio di default in America. Il tempo non era molto e quel che non è stato nei tempi della radio è qui.
La domanda era sostanzialmente questa: Ma è verosimile pensare che nel caso in cui il Congresso non approvi in tempo un più elevato tetto al debito federale americano ci saranno conseguenze nefaste per l’economia americana e per quella mondiale? O non è piuttosto un bluff di Obama per forzare il Congresso ad approvare un debito più alto obtorto collo?
È una domanda importantissima. È il tema dell’economia che è più urgente bene comprendere per evitare gli errori del passato.
E la risposta chiara è che sì, le conseguenze sarebbero davvero molto gravi. Chi ha un credito in dollari nei confronti del governo americano si troverebbe impoverito per la somma che il governo si rifiuta di pagare. A parte la perdita di affidabilità dell’autorità garante del dollaro, già di per sé gravissima, quel che accadrebbe è che famiglie e imprese si troverebbero immediatamente più poveri. Dalla sera alla mattina. Qualcuno direttamente (i creditori del settore pubblico), e indirettamente tutti gli altri (a causa del fatto che i creditori diretti avranno meno denaro da fare circolare).
La legge americana sul tetto del debito è ancora più stupida del patto di stabilità europeo. È come avere una legge che stabilisce che il Pil non può crescere oltre una certa soglia senza che ciò sia approvato dal Congresso. E ciò a riprova del fatto che non basta avere una moneta sovrana (come gli USA hanno e l’Europa dell’euro non ha) per liberare la politica fiscale dai vincoli fittizi e grotteschi che le impediscono di agire per l’occupazione e la prosperità della nazione.
Il guaio in questa faccenda è questo: troppi pensano che dopotutto non sia poi tanto male costringere il governo federale allo stop e rompere la spirale del debito pubblico. Quando chiedo cosa pensano della faccenda, i miei studenti americani sono molto divisi. Una parte è appunto convinta che gli Stati Uniti siano falliti e che sia giusto un intervento drastico sul debito pubblico. Quando cominciamo a parlarne, però, la tesi secondo cui il debito danneggia le future generazioni (la loro!) non regge. Gli Stati Uniti sono un paese ricco di risorse umane e tecnologiche. Solo una politica fiscale ottusa può riuscire a strozzare tante energie e compromettere l’equilibrio reale dell’economia. L’equilibrio finanziario richiede solo una cosa: che il debito non sia così elevato da costringere il settore privato a disfarsi del troppo denaro creando inflazione in un’economia che cresce troppo. Ma questo non è proprio il caso, mi pare.
L’America dovrebbe davvero “rimboccarsi le macchine” e smettere di piangersi addosso per un problema del tutto immaginario.
Piuttosto, le future generazioni saranno più povere se il bilancio in pareggio diventerà la regola a prescindere dallo stato dell’economia reale.
Si è parlato a lungo negli anni scorsi del declino dell’America e dell’Europa di fronte alle nuove energie dei paesi emergenti. Quel che sta accadendo fin qui è piuttosto un declino voluto, che sembra piuttosto il lento suicidio di due vecchi leader dell’economia mondiale che non capiscono più la politica economica così come la capivano nell’età della maturità.